Da circa 30 anni gli urologi praticano le biopsie prostatiche nello stesso modo.
Si tratta di una tecnica sistematizzata, ma che viene svolta alla “cieca”.
La prostata è quindi l’unico organo che ancora oggi viene biopsiato in maniera “random”, senza curarsi di dove possa essere effettivamente la lesione tumorale.
Il risultato è che 1 volta su 5 un paziente ha un referto che dice “negatività per cellule tumorali”, ma in realtà il tumore è presente.
Ciò accade perchè il tumore prostatico è sempre invisibile agli ultrasuoni e quindi all’ecografia.
Da pochi mesi abbiamo a disposizione una tecnica chiamata MR-ULTRASOUND FUSION BIOPSY. Questala tecnica consiste nel fondere le immagini ottenute tramite risonanza magnetica alle immagini ecografiche “live” durante la biopsia.
Come avviene?
Tramite questa tecnica un radiologo superspecializzato sottopone il paziente a risonanza magnetica esterna e localizza e valuta le aree sospette utilizzando numerosi aspetti del tumore tutti invisibili all’ecografia.
Le aree tumorali appaiono come aree nere e sono caratterizzate da un alterato flusso sanguigno. Il sangue arriva prima alla lesione tumorale e ne esce più rapidamente.
Ciò identifica l’area tumorale rispetto al restante tessuto prostatico sano.
A questo punto tramite l’unione delle immagini della risonanza viene costruita un’immagine tridimensionale della prostata di quel particolare paziente, con al suo interno la lesione sospetta tumorale.
Questa immagine viene poi utilizzata al momento della biopsia prostatica e venendo fusa con l’immagine ecografica viva in tempo reale.
In questo modo la biopsia viene mirata verso la lesione avendo la certezza di colpirla e potendo poi fornire un referto di certezza e non di supposizione.